#io e le mie emozioni
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femmenoir-red · 1 year ago
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Al tocco dell’amore.. tutti diventano poeti...❤
©Platone
@femmenoir-red
-emozioni04/01/23
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sergetto1966 · 1 year ago
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🎶❤️‍🔥
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colachampagne3 · 1 year ago
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Oggi mi è arrivato un kudo su una vecchia storia sull'altro profilo. Per nostalgia ho riletto la storia e... era così carina, così scritta bene, così non-me-in-burn-out che mi è venuta voglia di fare pulizia sul mio nuovo profilo ao3, uscire di casa sotto questa pioggia e guardare le lumache passare da una parte dei sentieri all'altra, seduta accanto al mio gatto.
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 1 month ago
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Perché le sfumature non sono mai state il mio forte... O troppo o niente... Non so mai stare nel mezzo delle emozioni... O troppo forte o crollo... O amo troppo o non me ne frega niente... Le mezze misure non le ho... Sono cosi in tutto... Troppo dolce o troppo stronza... Troppo allegra o tristissima... È che tutto mi arriva troppo forte e io non sono mai riuscita ad imparare a modularmi... L'unica cosa che riesco a fare è chiudermi quando il troppo è troppo anche x me... A causa di tutto questo... Spesso sono troppo triste... Spesso troppo sola... Spesso mi sento vuota... Specialmente quando alzo le mie barriere... Sono spesso fuori controllo e sovente mi tocca pagare le conseguenze di questo mio essere senza filtri... Di questo mio modo di vedere tutto in bianco o nero... Di non avere controllo totale su ciò che provo... Di essere sempre dominata dagli istinti e di doverli sempre subire a livello emozionale... Non è facile essere me... E non è facile starmi accanto... Me ne rendo conto benissimo... Ma forse ci sarà qualche impavido che correrà il rischio prima o poi... Di certo non avrà mai solo mezzo del mio amore... Perché io do tutto... E anche di più...
~ Virginia ~
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frammenti--di--cuore · 2 months ago
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come quando ero bambina e nessuno rispondeva a quello che dicevo ma diceva quello che voleva dire a basta.
come quando ero bambina, che tutte le mie emozioni erano sempre esagerate.
come quando ero bambina, che non avevo la forza di spiegarmi perché le loro urla erano più forti ed io avevo paura.
come quando ero bambina.
zoe, 16/08/24
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ambrenoir · 2 months ago
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Sarà dovuto all'età forse. Oppure alla stanchezza, non saprei. Ma sono arrivata ad un punto della mia vita in cui io lascio.
Lascio fare.
Lascio dire.
Non discuto più per tentare di farmi comprendere o di far comprendere i miei sentimenti e le mie emozioni, le mie paure o le mie sensazioni. Lascio ad ognuno la propria convinzione, di essere nel giusto, di essere capace di prendermi in giro senza che io mi accorga di nulla, di poter fare come gli pare, di prendere usare e poi gettare in un angolo fino a quando non serve nuovamente, Io lascio fare, Io lascio dire.
Ma soprattutto ho imparato a lasciar andare. Non usare parola non significa non vedere e non sentire.
Il silenzio è spesso segno di riflessione, di valutazione, e di decisione.
dal web
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orotrasparente · 8 months ago
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quando vedo i miei amici che postano foto con le ragazze, fanno sorprese strane, fiori e tutto il resto e penso a me che non sono mai stato bravo in queste cose, ma in generale non sono mai stato molto bravo a esternare le emozioni perché è così che sono cresciuto, da bambino sminuivano ogni mio sentimento, non significa che ho avuto una infanzia di merda sia chiaro, semplicemente mi è stato inculcato il pensiero di dover trattenere piuttosto che lasciar andare, oggi sono una persona emotivamente instabile, scostante, non so dire ti voglio bene, non so amare nel modo giusto, non sono in grado di fare tante cose che nelle mie fantasie io farei anche ma il mio corpo proprio non riesce a metterle in pratica e quindi mi dico che c’è un motivo se gli altri restano con la stessa persona per decenni e io più di tanto non riesco a far durare una storia, magari prima volevo incolpare le circostanze avverse ma dopo tutti questi anni di fallimenti la realtà è che l’unica circostanza comune a tutte le situazioni sono io e quindi anche il problema è tutto mio
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tizianacerralovetrainer · 1 year ago
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"- Mamma devo raccontarti una cosa che ti farà morire dal piangere.
- Dimmi (adoro quando per dare il senso delle sue emozioni, parla così).
- Oggi a scuola mi hanno messo al banco con un bambino down, cioè non è che è proprio down è che sta su una carrozzina, guarda sempre in su, muove la testa e gli esce la saliva dalla bocca.
- E cos’ è che ti ha fatto “morire dal piangere”?
- Per i primi due giorni è stato sempre zitto, mamma non ha mai parlato con nessuno, te lo giuro. Oggi che stava al banco con me, mi ha preso la mano e ha riso.
- Tu che gli avevi detto?
- Niente, gli ho fatto vedere il mio temperino, quello tutto chiuso che abbiamo comprato ieri, gli ho dato una matita e insieme abbiamo temperato. Lui teneva la matita e io giravo il temperino. Mi veniva da piangere da quanto ero felice che rideva. Spero che anche domani sto al banco con lui. Gli faccio temperare tutte le mie matite."
(Marilena Pallareti)
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gabbiadicarta · 11 months ago
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a volte temo di non essere guarita davvero dai miei pensieri intrusivi. a volte penso di non farcela, di mollare tutto e sparire.
non riesco a chiedere aiuto, non riesco ad esprimere le mie emozioni. non capisco il perché io mi senta così tanto sola e sostituibile. c'è sempre una voce che mi ripete che valgo zero.
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femmenoir-red · 4 months ago
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Fuochi d'artificio...stelle cadenti e sogni in riva al mare. Se l'estate è un sentimento...ferragosto ne è il cuore...❤
Be Happy!!!
@femmenoir-red -emozioni
15*08*2024
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diceriadelluntore · 22 days ago
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Storia Di Musica #351: Bob Dylan & The Band, Before The Flood, 1974
C'è un'altra ricorrenza periodica nelle Storie di Musica, e che capita quasi sempre a Dicembre: un racconto di un disco di Bob Dylan. Dopo tanto tempo vi racconto quando nasce la mia fascinazione per lui. Tra i libri della libreria dei miei mi capitò tra le mani, io andavo alle elementari, un libro, Bob Dylan: folk, canzoni e poesie, a cura di Alessandro Roffeni, Newton Compton Editori, pubblicato nel 1978 e comprato anni dopo dai miei ad una Festa dell'Unità. Mi affascinava anche perché aveva i testi inglesi a fronte e quel libro, che conservo ancora con affetto, aveva un'introduzione che finisce così: in un "ritmo di distorsione impoetica" si consuma l'impossibilità stessa di fare "grande" poesia, di additare le risoluzioni definitive: nelle pulsioni dell'eros, nella ricerca martellante di concatenazioni linguistiche nervose e oltraggiosamente impure, Dylan, e con lui l'uomo contemporaneo, cerca un instabile e mai risolto rapporto con l'irriducibile spietatezza del divenire storico.
Siccome è dicembrina, la collezione del mese avrà un'idea celebrativa, perchè i dischi che ho pensato festeggiano tutti mezzo secolo, omaggio questo anche ad una delle mie migliori amiche che è nata nello stesso anno di questi album.
La storia di oggi inizia quando Dylan, con una mossa clamorosa, abbandona la Columbia nel 1973, la casa discografica che lo scoprì e per cui aveva pubblicato i suoi primi 13 dischi, per passare alla neonata Asylum di David Geffen (che la fondò nel 1971 con Elliot Roberts) costruita per riabilitare la musica folk. Dylan in quel periodo iniziò a curare personalmente la sua attività finanziaria. Con la Asylum pubblica Planet Waves nel gennaio del 1974, un disco nato quando Robbie Robertson si trasferì a Malibù vicino casa di Dylan a metà del 1973. Il rapporto con Robertson e The Band è fortissimo: erano ancora The Hawks quando furono chiamati ad aiutare Dylan nella fondamentale transizione elettrica di metà anni '60, gli innumerevoli concerti insieme, e fu con questi musicisti che Dylan, dopo il misterioso e terribile incidente in moto del 1966, si ritirò in cantina a suonare per riabilitarsi (cose che diventeranno i mitici The Basement Tapes nel 1975). Planet Waves è un disco intimo, quasi di emozioni domestiche, che spiazza perchè sembra che Dylan abbia abbandonato l'epica universale della sua musica. Nasce l'idea di promuovere il disco con un tour e appena dopo la pubblicazione Geffen organizza 30 date in 21 città, in teatri e palazzetti al coperto, in circa un mese di tour. Il materiale registrato, nelle due date di Los Angeles del 13 e 14 Febbraio e a New York il 30 gennaio, venne pubblicato a Giugno con il titolo Before The Flood, addirittura un doppio live, il primo live della storia discografica dylaniana (le registrazioni precedenti verranno pubblicate molto tempo dopo) a testimonianza di un evento non secondario: dall'incidente del 1966, e tolta la partecipazione al Concerto per Il Bangladesh organizzato da George Harrison, è la prima tournee di Dylan in 8 anni.
Il titolo prende probabilmente spunto da un racconto, Farn Mabul, scritto da Sholem Asch, scrittore e drammaturgo ebreo-polacco, il cui figlio, Moses, era molto amico di Dylan, che lo aiutò ad organizzare la sua casa discografica, Folkways Records, che era attiva nel folk revival (e che quando chiuse, nel 1987, aveva così materiale ritenuto importante che fu acquisita dalla Smithsonian Society). Tra l'altro, l'ultima canzone di Planet Waves, Wedding Song, finisce così: We can't regain what went down in the flood. Nonostante il Tour fosse stato pensato per promuovere il disco, alla fine da Planet Waves arriva pochissimo, è piuttosto l'occasione per Dylan e i fidati musicisti della Band di riprendere le meraviglie spesso suonate insieme in studio e rivoltarle, riarrangiarle nel modo più imperscrutabile, tanto che le canzoni si riconoscono solo quando il canto irrompe e ne rivela la natura. In generale, dopo qualche data di rodaggio, le serate erano composte da un set con Dylan con la Band, un set solo del gruppo, uno solo di Dylan, e poi qualche bis di nuovo insieme. Ricordo qui gli strepitosi musicisti della Band, tutte leggende: oltre a Robbie Robertson, Garth Hudson, Levon Helm, Richard Manuel e Rick Danko, una line up indimenticabile.
Il risultato fu all'epoca rivoluzionario, perchè non si era abituati a sentire Dylan live sul disco: nel doppio c'è la sua massima espressione poetica, con buona parte dei suoi classici, da Like A Rolling Stone a Blowin' In The Wind, da Ballad Of Thin Man a Knockin' On Heaven's Door, da Just Like A Woman ad una rockeggiante Highway 61 Revisited. A questi si aggiungono le meraviglie della Band: capolavori come The Weight, The Night They Drove Old Dixie Down, The Shape I'm In. Dylan si ricuce le canzoni in abiti diversi, abbandona il canto romantico e spesso è furente nell'interpretazione, tanto che il critico Robert Christgau dirà in una famosa recensione del disco appena uscito "Without qualification, this is the craziest and strongest rock and roll ever recorded. All analogous live albums fall flat.", puntando l'attenzione sulla intensificazione musicale dei suoi classici in veste dal vivo.
Il disco divenne un successo, in Top Ten negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (che va ricordato per numero di dischi in classifica era un luogo di Dylan mania da oltre un decennio). E in Dylan scatta qualcosa: la Columbia, pentita, gli richiede di ritornare a casa, e Dylan prima regala alla storia uno dei dischi più belli di sempre, Blood On The Tracks e poi parte il circo musicale del Rolling Thunder Avenue, il secondo tour consecutivo.
Negli anni furono ripubblicati dalla Columbia altre date, anche in cofanetto, ma niente di così sfavillante come l'edizione del cinquantenario che è arrivata nel 2024: 27 cd, 417 esibizioni inedite, registrazioni appena mixate e note di copertina di Elizabeth Nelson, che raccolgono tutti i concerti di quel tour, storicamente uno dei più importanti della musica rock occidentale.
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francesca-70 · 7 months ago
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
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Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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comefiorineldeserto · 4 months ago
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Non mi interessa della tua auto, io ho la mia e posso andare ovunque. Non mi interessano i regali costosi, posso comprarmeli da sola. Non mi interessa la tua compagnia per solitudine, perché io con la mia sto benissimo. Mi interessano i tuoi discorsi, se riesci a darmi più di quello che ho già vissuto. Mi interessa chi riempie le mie giornate, mi regala sorrisi ed emozioni. Chi si rivela un aggiunta, perché tutto il resto lo posso ottenere da sola.
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raccontidialiantis · 27 days ago
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Resa d'amore
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Mentre facevamo l'amore mi stringeva tenendo la mia testa sul suo petto e io gli baciavo quella sua pelle liscia e profumata… per poi leccarlo lentamente, con la punta della lingua. Sai cosa mi ripeteva?
Cosa?
"Sei mia, tu sei solamente mia." Lo ripeteva di continuo, afferrandomi per i capelli e guardando il mio viso, il mio sguardo, mordendo poi le mie labbra. Voleva lasciarmi qualcosa di sé, affinché io non dimenticassi quelle sue parole, quella sua pretesa.
E tu?
Io cosa?
Cosa gli hai risposto quando ti diceva che eri sua.
( silenzio)
Allora? Vuoi rispondermi?
Gli ho risposto… "sì, stasera sono tua."
www.malikahajer.tumblr.com
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Una donna che capitoli davanti a un uomo non è un'anima debole. Normalmente, debole è chi indossa una corazza chiamata carattere. Armatura che in genere è fatta di difficoltà ad ammettere i propri lati fragili, i segreti da non rivelare. E poi un debole si nutre dei 'sono fatto così', dei 'non mi hai capito', della capacità orribile di trattenere le lacrime e non far trasparire le emozioni.
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Una donna che confessi appartenenza, amore, sofferenza e attrazione è forte per definizione: ti cattura senza muovere un dito. Con il suo bisogno di essere amata, coccolata e protetta. Senza rendertene conto ti trovi ai suoi piedi, pensando magari di aver vinto la battaglia per la conquista del Paesello. Mentre lei intanto ha già preso possesso della tua intera ragione.
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RDA
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libero-de-mente · 6 months ago
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Il tempo passa, a volte corre.
Mi accorgo di questo quando mi fermo e mi volto, guardando la strada percorsa e le cose fatte. Incredibile, a volte non ci credo.
Vedo i volti, sento le voci, annuso gli odori, i profumi e ammiro paesaggi, tutti ricordi che sono attraversati dal mio percorso di vita.
C'è un volto tra tutti, me lo ricordo più di chiunque altro, che mi segnò la vita in maniera profonda quando lo vidi.
Il volto di un esserino appena nato, anzi in parte ancora del tutto uscito da sua madre.
Questo volto, lungo il sentiero della mia vita, è cambiato tante volte.
Ha avuto varie espressioni, dimensioni e colori ma le ricordo tutte. Sono passi del mio cammino importanti, quelli percorsi da padre.
Oggi quel volto che appartiene a te Daniele è quello di un ragazzo buono, condizione che da un certo punto di vista mi preoccupa visto il mondo che ti sto lasciando, ma di cui io sono fiero.
Avrai tanta strada da percorrere tu per un sentiero che, ne sono sicuro, ti porterà ad ammirare paesaggi e orizzonti che io neanche posso immaginare.
Esistono durante la nostra vita dei punti di svolta, dei momenti ben precisi dove le cose cambiano o, addirittura, si capovolgono.
Sento ancora la tua stretta negli abbracci, come la presa della tua manina con la mia, dove cercavi protezione.
Il non volere che io ti abbandonassi. Mai.
Ma nei giorni scorsi c'è stato uno di quei punti di svolta che ti dicevo, un tuo abbraccio in cui per la prima volta mi sono sentito protetto io.
Le tue lunghe braccia che hanno abbracciato un padre che oggi si sente fragile.
Con la differenza che non posso permettermi di chiederti di non lasciarmi mai, perché arriverà il giorno in cui tu prenderai la tua strada e la mia si fermerà. In quel punto, ammirandoti.
Nella vita non esistono i punti di non ritorno, no, credo invece che esistano punti dove si debbano prendere delle decisioni.
Continuare o fermarsi, prendere un'altra direzione o proseguire con lo stesso orientamento.
Arriverà la tua consapevolezza, quando ti volterai per guardare le immagini del tuo percorso, prima di riprendere il cammino, dove probabilmente vedrai ancora il mio volto. Le mie mani stringere le tue, le mia braccia stringerti a me.
Credimi, non avere di questi ricordi del proprio padre è una mancanza pesante, io mi ricordo dei miei abbracci a un uomo che oramai stava per lasciare questa vita.
Cammina, cammina più che puoi Daniele. Percorri più strada possibile e assapora, ascolta, annusa, ammira, tocca e ricorda ogni momento che ti ha creato emozioni e, mi auguro tante, gioie.
Oggi sono 21 anni che cammini, che sei inciampato ma ti sei alzato con caparbietà, che hai preso strade a fondo chiuso ma hai saputo trovare altri passaggi per proseguire. Questo non è da tutti.
Sono fiero di te, ma sono di più orgoglioso di essere tuo padre. Perché tu mi stai dando tantissimo.
Ti abbraccio ora. Ti abbraccerò per sempre.
Auguri di buon compleanno Daniele
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frammenti--di--cuore · 13 days ago
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l'avevi promesso, la verità è questa, che l'avevi promesso. Voglio fare finta che non faccia male, ma la realtà è che fa male perché pensavo che ci tenevi quanto ci tenevo io. Io una promessa del genere l'avrei mantenuta, io l'avrei fatto e tu lo sai bene che io l'avrei fatto. I miei sentimenti sono "a qualsiasi costo" ma io...io ho capito che non vale lo stesso dall'altro lato. E lo sapevo, io infondo l'ho sempre saputo, ma non hai fottutamente idea di quanto ci ho sperato di sbagliarmi, di quante volte mi sono ripetuta che "sta volta sarà diverso". No, anche sta volta è uguale, anche questa volta toccherà a me gestire le mie reazioni, controllare le mie emozioni, soffocare il dolore perché non ho nemmeno il diritto di esprimere quello io, io vado bene solo quando sono felice e sorridente, per il resto sono una responsabilità che nessuno vuole. Per me deve esserci sempre una scusa per essermi vicino, io per te i motivi li ho inventati anche se non esistevano.
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